Il viaggio letterario di oggi ci porta in una Praga soffocata dalla cortina di ferro: gli intellettuali cechi devono fronteggiare un nuovo e sinistro Golem, quello del totalitarismo. In Utz di Bruce Chatwin (La biblioteca di repubblica, 2003) la parabola esistenziale di un collezionista di porcellane si intreccia con il destino della capitale boema. Kaspar, un cultore della porcellana di Meissen, ama e odia la metropoli: è incantato dal suo fascino misterioso e dal suo passato alchemico, ma aborre le trasformazioni che le sono state imposte dai corsi e ricorsi storici.
Nel 1967 l’io narrante del romanzo (dietro cui si può intravvedere lo stesso Chatwin) si reca a Praga perché il redattore di una rivista gli ha commissionato un articolo sul più famoso tra i collezionisti boemi: l’imperatore Rodolfo II. Questo sovrano trascorreva le sue giornate nel palazzo fortezza di Hradčany in compagnia di astronomi, alchimisti, rabbini e artisti. Il narratore si mette alla ricerca di un esperto che possa aiutarlo nelle sue ricerche ed entra in contatto con Kaspar Utz, un moderno Rodolfo.
La Wunderkammer di Utz, il suo museo privato si trova in via Širokà 5, in un palazzo sovrastato da mortuarie teste di medusa. Il collezionista teme che, da un giorno all’altro, la sua raccolta possa finire nelle mani del regime. In passato, è già stato costretto a scendere a patti con i governanti di turno: si è compromesso per proteggere le sue porcellane, ma non è mai venuto meno ai suoi ideali ed è persino riuscito a salvare delle vite.

Kaspar guida il narratore attraverso i meandri di una città da cui dovrebbe fuggire, ma che non riesce ad abbandonare. La prima tappa del loro itinerario è il ristorante Pstruh, La Trota, un luogo che non esiste più, ma che possiamo immaginare grazie alle parole di Chatwin:
(…) una reliquia degli anni Trenta sotto un portico dalle parti di piazza San Venceslao, aveva un arredo da era delle macchine, in cromo, specchi e cuoio. Dal soffitto pendeva un modellino di galeone, con le vele di pergamena rigonfie.
Il pranzo, oltre a una selezione di piatti a base di pesce, prevede anche un contorno di pepate discussioni: il dottor Orlìk, un altro intellettuale che è rimasto intrappolato, come un insetto, all’interno della cortina di ferro, discute animatamente con il moderno Rodolfo. Dopo il pasto, il narratore e Uzt trascorrono il resto del pomeriggio passeggiando per le vie di Malà Strana:
(…) fermandoci di tanto in tanto ad ammirare la severa facciata della casa di un mercante, o qualche palazzo barocco o rococò: il Vrtba, il Pàlffy, il Lobkovic: lui ne recitava i nomi come se coloro che li avevano fatti costruire fossero i suoi intimi amici.
In seguito, il collezionista conduce il suo ospite in uno dei luoghi più suggestivi della capitale boema: il cimitero ebraico. Tra i vicoli del ghetto ha avuto origine una creatura leggendaria che si ricollega perfettamente all’ossessione di Kaspar per le ceramiche: il Golem del rabbino Loew, così come le statuine di Meissen, è stato creato a partire da una materia informe e ha preso vita grazie alla sapienza di un abile artefice. Stando ai voli pindarici di Utz, il processo di fabbricazione della porcellana ha molto in comune anche con la ricerca alchemica della pietra filosofale.
Nella parte finale del romanzo, il narratore ritorna, dopo un’assenza di alcuni anni, a Praga. L’uomo decide di visitare il Museo Rudolfino, dove spera di riuscire ad ottenere delle informazioni sul fato delle statuine di Utz, ma nel palazzo aleggia solo lo spirito dell’antico Rodolfo :
Al museo, un fastoso edificio dei “bei tempi andati” di Francesco Giuseppe, era stato dato il nome dell’Imperatore Rodolfo per commemorare la sua passione per le arti decorative. Sulla facciata c’erano dei bassorilievi che rappresentavano vari mestieri: il taglio delle pietre preziose, la tessitura, la soffiatura del vetro. Una coppia di sfingi annerite faceva la guardia nell’ingresso, e tra le crepe dei gradini spuntavano le erbacce.

La Praga del 1974 ci appare come una città esausta e vestita a lutto. La caduta dei suoi antichi idoli è forse il sintomo più evidente di questa crisi spirituale: le opere di Kafka sono sparite dagli scaffali delle librerie e la facciata cattedrale di San Vito è celata alla vista da un intrico di impalcature. Il collezionista aveva già preannunciato al suo ospite il tema della “malinconia praghese”:
“Vedrà” disse Utz, agitando la canna da passeggio sopra la moltitudine di portici e cupole sotto di noi. “Questa città porta una maschera tragica”.
Era anche una città di giganti: giganti di pietra, di stucco o di marmo; giganti nudi, gitanti mori, giganti abbigliati come in vista di un uragano, nemmeno uno a riposo, sempre in lotta contro qualche forza invisibile, o ansanti sotto il peso degli architravi.
“Il gigante che soffre” aggiunse lui senza convinzione “è l’emblema del nostro popolo perseguitato”.
By Steve Collis from Melbourne, Australia – Prague Castle, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=24306256
Il viaggio letterario nella Praga di Bruce Chatwin non si conclude all’insegna della disperazione: lo scrittore lascia aperto uno spiraglio di speranza, perché il futuro, argilla ancora da plasmare, può riservare delle sorprese e stupire gli uomini con colpi di coda degni del più eccentrico collezionista.
Per approfondire:
La presentazione del libro su Repubblica.it
Gli altri “articoli praghesi” del blog:
Di notte sotto il ponte di pietra
Che bello questo viaggio, in compagnia di un autore che qualche anno fa era citatissimo, e che, ultimamente, mi pare un po’ trascurato. Ho letto questo breve romanzo tanti anni fa…. in edizione Adeplhi. Qui come un po’ in tutte le sure opere, Chatwin si mostra allergico a tutte quelle forze che tentano di incatenare l’uomo… grazie per averci ricordato questo gioiello!
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Credo che il ricordo di Chatwin, almeno ultimamente, sia tenuto vivo principalmente da blogger viaggiatori (vedi i festival dedicati alla letteratura di viaggio). Almeno, io lo ho scoperto proprio grazie a loro. Grazie a te per la visita e, come sempre, buone letture 🙂 !
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Nonostante la storia travagliata, Praga è una città magnifica, magica. Il suo essere polivalente pur mantenendo una coerenza storica architettonica la rende unica.
La parte più bella, secondo me, è quella del castello e dei ponti che lo collegano al resto della città
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Non sono ancora riuscita a visitarla, ma penso che tu abbia perfettamente ragione: Praga è davvero magica.
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A mio modesto avviso Praga è, assieme a Stoccolma, la più bella capitale europea visitata sinora nel corso dei miei viaggi. Quando ripenso alle passeggiate lungo le maestose vie e viuzze di Praga, i saliscendi dalle colline alla Moldova, i tetti aguzzi e rossi, le austere cattedrali gotiche e i palazzi barocchi, mi prende sempre un po’ di nostalgia e col cuore mi auguro, prima o poi, di ritornare in Repubblica Ceca.
Grazie per la tua recensione: penso che recupererò Utz per rivivere Praga attraverso i libri 🙂
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Grazie a te per i tuoi splendidi articoli su Praga 🙂 Sul sito di AD ALTA VOCE trovi l’audio-libro di Utz P.S. Se vuoi rivivere la città attraverso i libri, ti consiglio anche il sito Culturetrips.
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Complimenti, grazie di questa segnalazione!
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Grazie a te per la visita. Aspetto i tuoi prossimi post praghesi 🙂
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