Dicono che la lettura sia una via di fuga dalla realtà, ma talvolta la quotidianità reclama l’attenzione del lettore. Mentre leggevo una raccolta di opere di Aldo Palazzeschi (Il doge. Stefanino. Storia di un’amicizia, Mondadori, 2004) non sono riuscita a “tenere fuori dalla porta” l’attualità. Mi è sembrato di intravvedere in quelle pagine, scritte tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, dei moniti diretti ai lettori del Duemila.
Lo so, non mi sono comportata correttamente: chi si ostina a cercare tra le righe un riflesso del suo presente, rischia di travisare il vero significato di un’opera letteraria, di deformarla sino a trasformarla in una sorta di profezia a posteriori. Per correttezza, dopo avervi riportato le mie sciocche impressioni di lettura, concluderò questo post con una serie di rimandi ad approfondimenti più sensati e storicamente corretti, dedicati agli ultimi romanzi di Palazzeschi.
Il Doge: di piazze e di valigie.

Venezia, Piazza San Marco: respiariamo l’atmosfera unica di questa città. Tutto è perfetto, sinché l’incendiario, lo scrittore, non decide di dare sfogo alla sua vena inventiva: questa non è la solita Serenissima, questo è un palcoscenico dell’assurdo. I veneziani stanno aspettando che il Doge si affacci dal balcone di Palazzo Ducale. Fin qui niente di strano, se non fosse che il misterioso Doge ricorda un po’ troppo un altro personaggio che inizia con la D… Il Duce, ehm, scusate, il beniamino dei cittadini non si presenta all’appuntamento. Cosa è successo?
A questo punto, il testo si frantuma in una miriade di ipotesi, di congetture surreali. Palazzeschi ha descritto alla perfezione la psicologia della folla. La sua penna sagace ci rivela quanto sia assurdo provare a cercare la verità affidandosi ai pettegolezzi, a opinioni contraddittorie che rimbalzano di bocca in bocca. La piazza non è il luogo migliore per valutare i fatti:
Nella nobiltà di quell’apertura sotto il cielo senza limite, in quell’adorabile piattaforma e lungo quei listoni di marmo sui quali si svolgono e risolvono nei secoli e per i secoli, come nel Fòro dei Romani, le beghe private e cittadine: dolori e gioie, allegrie e tristezze, anche stavolta vi avrebbero ritrovato la serenità e l’equilibrio della mente per giungere a conoscere e valutare quello che stava accadendo nella sua equa, reale dimensione (…).
A questo punto della lettura, la quotidianità inizia a pungolarmi, a imporsi alla mia attenzione: i meccanismi descritti dall’autore mi ricordano un po’ troppo i nostri moderni social. Facebook e Twitter sono dei grandi fori in cui si discute di tutto e in cui il buonsenso, spesso, finisce fuori dalla finestra. La folla descritta ne Il Doge è composta da una moltitudine di commentatori intenti “a postare” la propria teoria, a fabbricare o a smontare ipotesi di complotto. Quanto vorrei poter chiedere a Palazzeschi la sua opinione sui nostri moderni mezzi di comunicazione e di condivisione…
Stefanino: distrazioni social
Dopo vent’anni, veniamo a sapere che il piccolo orfanello Stefanino è una testa di c… , in senso letterale: ha le parti intime al posto del volto e viceversa. La folla si spacca in due, dividendosi tra curiosi, desiderosi di dare una sbirciatina, e “haters” pronti a mettere mano a torce e forconi. L’attenzione di tutti i cittadini si concentra così sul “mostro”, che diventa una micidiale arma di distrazione di massa:
S’era sparsa la voce ed a grande velocità aveva preso credito, che Stefanino non esistesse (…) e il suo caso famosissimo non avesse rappresentato che un miserabile, volgarissimo diversivo, una beffa perpetrata ai danni della comunità e dell’ingenuo cittadino per distrarlo da problemi di ben altro contenuto, sempre in chiavo di bilancio bene inteso (…).
In buon punto entrarono in campo gli storici che riprendendo giorno per giorno le fila di quel ventennio, poterono stabilire d’autorità come alcune misure per la popolazione massacranti a tutto spiano, fossero state prese proprio in quei giorni che la città era in subbuglio per la faccenda del bambino trovato davanti al portone del Municipio (…).
Nonostante l’allusione a un Ventennio, la contemporaneità si insinua di nuovo tra le pagine del libro: difficile non pensare alle fake news, agli hashtag del giorno e alle sterili polemiche che ci distraggono da problemi più seri e incalzanti (come le questioni di bilancio). Palazzeschi ci aveva messi in guardia, ma non abbiamo imparato la lezione. Sulla testa di Stefanino e dei suoi concittadini ci sarebbe molto da dire, ma non vorrei diventare volgare…
Storia di un’amicizia: trash televisivo
Il nostro trittico di romanzi si conclude con una storia incentrata sul tema degli opposti che si attraggono: Pomponio e Cirillo incarnano due concezioni diversissime della vita, eppure vanno d’amore e d’accordo. Pomponio è un’edonista ottimista, mentre Cirillo è un ascetico pessimista. I due amici si compensano perfettamente a vicenda, sinché qualcosa non si incrina nel loro rapporto. Dopo la rottura, i nemici-amici decidono di fondare due club basati sulle loro opposte convinzioni: una sorta di spa, olezzante di rose, e un ritrovo per cinici.
Anna Nozzoli, nella sua introduzione all’opera, propone una suggestiva chiave di lettura: l’ottimista incarna lo spirito capitalista, mentre il pessimista rappresenta i regimi totalitari. Un lettore saggio prenderebbe in seria considerazione questa ipotesi, ma io continuo ad essere perseguitata dalla quotidianità: secondo me questi due amici sono dei precursori del trash televisivo alla Barbara D’Urso. L’ossessione di Cirillo per la cronaca nera e per i suoi più sordidi dettagli, mi ricorda certi plastici e certe morbose interviste:
Una donna getta una pentola d’acqua a bollore sopra il corpo del marito dormiente, quindi gli pianta un coltello nel cuore.
S’era avvertito nell’assemblea un larvato clamore d’insoddisfazione e di protesta contro chi pretendeva di cavarsela troppo a buon mercato dicendo “coltello” genericamente, senza specificare la misura e qualità di quel coltello che poteva essere un banale temperino di quelli che si usano per appuntare il lapis (…).
Invece le adepte di Pomponio, donne di mezza età che cercano di nascondere in ogni modo la loro età, sembrano preannunciare la schiera di vamp siliconate e rifatte che ha invaso i nostri tubi catodici.
Approfondimenti più seri su Palazzeschi
L’attualità ha preso il sopravvento su di me: ho finito col trasformare gli ultimi romanzi di questo scrittore in delle profezie. Chiedo venia. Per fare ammenda rileggerò Il codice di Perelà e prenderò congedo da voi, miei poveri lettori, con i promessi approfondimenti:
Un profilo dello scrittore su 900 letterario
La buffa testa di Stefanino – Emeroteca digitale salentina (vi riporto la parte mancante della citazione finale: “(…) una zanzara, a me invece, essendo solo ad averla per tutti, ne tocca tale dose che nemmeno la tua prosopopea sarebbe capace di misurarla”).
Storia di un’amicizia il sereno congedo di Palazzeschi romanziere – Samuel Ghelli
P.S. Buona Pasqua!
Certo che la natura delle masse cambia poco nei decenni e nei secoli…
“L’applauso della folla è la prova dell’empietà di una causa” [Seneca]
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Analisi interessante! Anche a me capita di trovare in certi vecchi Urania delle considerazioni che si legano molto all’attualità. Per me è una cosa sorprendente e piacevole da trovare in un libro. Buona Pasqua! 🙂
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La fantascienza è spesso profetica ;). Diciamo che in questo caso la mia paura era quella di forzare troppo l’interpretazione del testo. Bisogna comunque tenere conto del momento in cui è stato scritto :).
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Buona Pasqua anche a te 🙂
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Secondo me è normale trovare dei riferimenti all’attualità, perché le “dinamiche” umane sono sempre le stesse e cambiano solo modo di manifestarsi: se mi passi il paragone un po’ estremo, dal rogo alla crocifissione sui social. Buona Pasqua anche a te! 😊🎉
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Quello che scrivi è stimolante. E vero, purtroppo! Soprattutto la metafora della “piazza virtuale” dei social media, in cui ognuno può sentiri libero e legittimato a sputare odio e diffondere ignoranza, spinto dalla unica coscienza della folla. Ho visto “Sorelle Materassi” di Palazzeschi a teatro ed è stato divertente!
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Ah, dovrò recuperare anche le care “Sorelle” prima o poi ;). Buone letture!
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Quando si legge, soprattutto se non lo si fa per lavoro, è facile trovare delle chiavi di lettura per il nostro presente… d’altro canto “capire” è uno dei motivi per il quale si legge😊
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